Marcelo Bielsa : il Maestro Loco

Ci sono città magiche per il calcio, dove pare che ci sia qualcosa nell’aria e nel sentimento della gente che le rendono speciali e la più speciale e unica è Rosario in Argentina. Una cittadina che ha dato i natali ad un numero impressionante di campioni divenuti stelle in Europa : Lionel Messi, Angel Di Maria, Mauro Icardi, Maxi Rodriguez e tantissimi altri fra i quali il mitologico Tomas El Trinche Carlovich, ma questa è un’altra stupenda storia che ho scritto e potete leggere sulle fantastiche pagine di  Magazzini Inesistenti : http://www.magazzininesistenti.it/tomas-el-trinche-carlovich-il-mito-di-rosario-di-claudio-trezzani/ . A Rosario però è nato anche uno degli allenatori più influenti e originali che si siano mai visti nel mondo del futebol : Marcelo Bielsa, nato qui il 21 luglio 1955. Da calciatore non ha avuto molto successo, giocando due anni nel Newell’s Old Boys e in altre squadre minori prima di ritirarsi ad appena 25 anni, prima di iniziare prestissimo la carriera di allenatore. Diventerà negli anni uno degli innovatori del calcio, uno che ,conosciuto come El Loco (il Pazzo), per i suoi comportamenti a dir poco originali, ha ispirato una marea infinita di tecnici, che gli riconoscono idee geniali e metodo, ne cito uno per tutti : Pep Guardiola. Talmente amato e importante nella sua città che è l’unico allenatore vivente ad avere uno stadio intitolato e cioè lo stadio del suo Newell’s Old Boys, nel quale ovviamente da quando è avvenuta la nomina si guarda bene dall’entrare. Divenuto prima assistente allenatore e poi osservatore, inizia la carriera nelle giovanili dei rossoneri di Rosario scoprendo e formando alcuni giocatori divenuti poi colonne argentine come Gabriel Batistuta, Nestor Sensini e Abel Balbo. Proprio il centravanti che fece le fortune di Fiorentina e Roma, lo considera alla stregua di un padre, uno che con il suo carisma e insistenza lo ha trasformato nel cecchino che tutti ricordano. Perché lui non è solo un allenatore, ma assieme alla sua Fiat 147 gira tutto il paese alla ricerca dei suoi giocatori, quelli che ritiene indispensabili per il progetto affidatogli, dobbiamo pensare che all’epoca non c’era internet e l’unico modo che aveva era percorrere migliaia e migliaia di km. Le leggende e i miti da queste parti sono pane quotidiano e nei bar di Rosario ancora si racconta di come, per esempio, si accaparrò le prestazioni di un giovanotto di 13 anni di belle speranze di Santa Fe che stava accasandosi ai rivali del Rosario Central e cioè Mauricio Pochettino, si proprio lui il celebrato tecnico del Tottenham, andando a casa sua nel pieno della notte. In questi anni mettendo assieme una squadra di ragazzini talentuosi e assolutamente obbedienti ai suoi dettami tattici e di allenamento, Bielsa vince qualsiasi titolo giovanile e nel 1990 gli viene affidata la panchina della squadra maggiore e da lì cominciò il viaggio vero e proprio. El Loco però pretende e ottiene carta bianca per guidare i Leprosos e porta in prima squadra tutti i suoi giovani adepti per mostrare al mondo la sua utopia calcistica di cui il mondo si innamorerà. Il suo calcio è totale, i calciatori sono intelligenti, perspicaci e intercambiabili nei ruoli del suo celeberrimo 3-3-1-3 oppure del più difensivo 3-3-3-1. La squadra è rivoluzionaria, un ensemble che si muove sul campo come un unico uomo, dalla partenza bassa del gioco a partire dal portiere fino al pressing organizzato, un gioco che necessità di una formazione mentale e fisica altissima e che lo porta al massimo del suo splendore alla vittoria del Campionato di Apertura e di quello di Clausura a cavallo fra ’90 e ’92 (dove conia la sua famosa e selvaggia esultanza sotto la curva dei leprosos  urlando : Newell’s Carajo!…una liberazione e una soddisfazione incredibile per uno così maniacale e attaccato al suo lavoro) e alla finale della Libertadores del 1992 persa poi ai rigori contro il San Paolo di Cafu e di Telè Santana. Nonostante i successi i suoi metodi dividono, o lo ami alla follia o lo odi per le sue scelte estreme, il suo gioco pretende tantissimo dispendio di energie mentali, nervose e fisiche e i giocatori vengono sempre tenuti sulla corda ma il metodo funziona e diviene materia di studio nelle scuole calcio argentine. Qui capisce che la squadra ha dato tutto forse e ha bisogno di cambiare e compie una delle sue tantissime scelte spiazzanti e decide di andare in Messico ad allenare l’Atlas di Guadalajara prima e l’America poi. Una scelta bizzarra forse, ma il mondo si accorgerà negli anni che il suo modus operandi è questo : prendere o lasciare. Nel 1997 torna in patria e si accasa al Velez Sarsfield e vince il Torneo di Apertura del 1998 ma ormai è tempo di esportare il suo credo calcistico, fatto anche della leggendaria raccolta di migliaia di ore di video su ogni avversario e giocatore per preparare le partite, e approdare nell’altro lido dove si respira calcio nel mondo e cioè l’Europa. Sceglie l’Espanyol di Barcellona e non è una scelta casuale o non ponderata anzi è proprio figlia del suo utopico modo di intendere la sua professione : andare in un luogo dove il calcio si respira nelle strade, nei bar, dove la gente lo vive come un amore eterno ma mai in squadre definite top ma sempre come outsider, una sorta di popolo in disgrazia che attende l’eroe da seguire ciecamente. Qui ritrova il suo fido scudiero Pochettino ma purtroppo per i tifosi l’amore dura solo due mesi perché poi arriva la chiamata a cui non si può dire no e diventa tecnico della nazionale argentina. Il lavoro dirà per cui ha sudato una vita sui campi, il sogno di bambino. L’Argentina dopo il calcio difensivo e poco spettacolare di Biliardo, che però si avvaleva di uno degli eletti del gioco e cioè El Pibe Maradona, aveva bisogno di una revolucion, di una nuova idea di calcio offensivo ma anche organizzato e spettacolare e chi meglio del Loco per instradare l’albiceleste su questa strada? L’inizio della sua storia in nazionale è entusiasmante, la squadra gioca e dà spettacolo in ogni campo del girone di qualificazione sudamericano per il mondiale asiatico. 43 gol segnati e una sola sconfitta col Brasile fuori casa. Una squadra che Bielsa costruisce a sua immagine e che con una rosa di altissimo livello si candida al ruolo di protagonista : Batistuta, Zanetti, Veron, Ortega, Crespo, Samuel e ovviamente Pochettino sono i suoi soldati. Le polemiche per aver lasciato a casa l’artista Riquelme, tipico giocatore che lui non ama tutto arte e poca intensità, si amplificano a dismisura quando la nazionale super favorita delude amaramente le aspettative di un Argentina che riponeva nel calcio il suo riscatto morale a dispetto della profonda crisi economica e sociale della nazione. La squadra viene eliminata in un girone tutt’altro che difficile dopo aver dominato partite senza mai vincerle e anche qui Bielsa dimostra il suo essere differente assumendosi in toto la colpa di non aver permesso ad un gruppo di stelle assolutamente dedite al lavoro di squadra e al gioco, di diventare la squadra dei sogni di una nazione. Il suo cammino in nazionale, nonostante le critiche feroci, continua fino alla vittoria delle Olimpiadi del 2004, dopo la quale a sorpresa rassegnerà le dimissioni irrevocabili, lasciando la squadra a Pekerman. Da quel giorno e per 3 anni nulla si sa del Loco, ritiratosi da eremita nella sua casa di Rosario, nessuna intervista nessuna dichiarazione ufficiale, solo lo studio ossessivo di filmati di partite e giocatori, un’applicazione maniacale in attesa dell’occasione e della squadra giusta. E’ il 2007 e Bielsa accetta l’offerta di allenare il Cile, di portare il suo metodo e la sua utopia in una nazione zeppa di talenti ma mai davvero protagonista. Forgia una squadra specchio delle sue idee, applicazione e allenamenti devastanti ma che portano all’incredibile qualificazione per il Mondiale del 2010 e all’uscita negli ottavi ad opera del Brasile. Un risultato per quel paese eccezionale dove viene accolto come un trionfatore e semi-divinità, tanto che le sue inaspettate dimissioni nel 2011, per delle polemiche con la Federazione, con conferenza stampa interrompono le trasmissioni tv nazionali. Il paese è sgomento ma il suo lavoro sarà affidato poi nelle sapienti mani del suo discepolo Sampaoli, che porterà a termine il lavoro del Maestro vincendo la Copa Amèrica del 2015, proprio contro l’Argentina. E’ il 2011 e Marcelo Bielsa è libero e tantissime sono le squadre che vogliono affidargli una ricostruzione, fra le quali quella che si dice più lo attira è quella della squadra del suo fido Javier Zanetti, l’Inter post urgano-Mourinho. Più di un pensiero attraversa la mente del presidente Moratti, uno che ha sempre fatto di sogni e utopia il suo pane e che vede nel Maestro una possibilità di ritornare a dare spettacolo. Ma la scelta di Bielsa, fedele alla sua filosofia già sperimentata anni prima di scegliere squadre non per il blasone ma per la fame di calcio e dove il gioco è un riscatto sulla vita, cade sulla panchina dell’Athletic Bilbao. Una delle squadre più interessanti e particolari del mondo, una squadra dove possono giocare solo giocatori baschi e non si comprano stranieri. Qui avviene la prima mutazione al suo gioco, si passa al modulo che in pratica oggi tutti dicono di aver inventato ma che è suo : il 4-2-3-1. Questo è il suo essere unico e grande, non un allenatore integralista fissato su di un modulo, ma un uomo intelligente aperto e sempre in evoluzione a cui la dirigenza spagnola dà assoluta carta bianca. La prima stagione è scintillante, Bielsa, in aggiunta ad alcuni giocatori di esperienza, crea una squadra di ragazzi provenienti dalla cantera che sono di livello assoluto e che oggi tutti conoscono : Javi Martinez, Iker Muniain, Ander Herrera e Susaeta, per dirne alcuni. La squadra gioca, crea spettacolo e nelle coppe raggiunge le finali di Europa League e Copa del Rey, perse contro l’Atletico Madrid del Cholo Simeone, depositario forse del calcio che più di ogni altro lo mette in difficoltà, e contro il Barcellona. La sua creatura così innovativa e bella, si sgretola sul più bello, lasciando quell’aura di incompiuta che però non intaccherà la sua reputazione e la sua importanza per il gioco. Il secondo anno nella Liga è deludente e alla fine dell’anno il contratto viene lasciato scadere e El Loco dopo aver studiato varie offerte, decide come da consuetudine di scegliere una squadra dimenticata dal grande calcio ma di una città affamata di calcio : l’Olympique Marsiglia. La storia si ripete come ogni volta che Bielsa prende le redini : la folla lo ama e idolatra, i giocatori lo seguono ovunque ma la dirigenza non lo sopporta e prende male le sue esternazioni sulle mancate promesse mantenute sul mercato. L’inizio è difficile e la squadra pare non seguirlo ma piano il suo gioco parte e nella prima parte della stagione il Marsiglia è uno spettacolo per gli occhi e per i risultati, il tecnico crea una squadra armoniosa e fa sbocciare talenti cristallini come Thauvin, PayetAyew e il cecchino Gignac, ma lo sforzo fisico e mentale è come sempre logorante e la squadra cala vistosamente verso la fine del campionato finendo solo quarta. La sensazione però non è di fallimento anzi, il Velodrome è di nuovo follemente innamorato della squadra e quando a inizio della stagione successiva ancora a sorpresa lascerà la squadra francese, lascerà un’eredità che ancora oggi seguono da quelle parti. Come non amarlo e seguirlo? Provate a vedere questo video del discorso che fece negli spogliatoti dopo un pareggio rubato per 0-0 dal Lione e ditemi che non pensate ad Al Pacino in Ogni Maledetta Domenica…maestro vero! https://www.youtube.com/watch?v=F1wqn3Nl_uY . Nel 2016 finalmente qualcuno del nostro calcio pensa a lui e la Lazio di Lotito lo ingaggia per riportare la squadra ai vertici : è il 6 luglio. Ma Lotito e Tare non hanno fatto i conti con il carattere serio e meticoloso del Loco, assecondando all’atto della firma l’allenatore che chiedeva 4 acquisti prima dell’inizio del ritiro, giocatori ovviamente scelti da lui. Viste le promesse non mantenute, Bielsa non prenderà mai l’aereo per Roma ritenendosi libero dai vincoli contrattuali e dimettendosi : è l’8 luglio. Un’occasione persa per il nostro calcio, che speriamo qualcuno vorrà prima o poi cogliere. Nella stagione 2017-2018 torna nel campionato francese per guidare il Lille, ma il suo gioco non attecchirà da quelle parti, troppi giocatori non adatti forse al suo gioco che richiede mente e corpo all’unisono. L’esonero però è figlio del suo essere prima uomo e poi allenatore : chiede un permesso per assistere un amico terminale e si dice gli venga negato, c’è una partita all’orizzonte. Bielsa  senza pensarci parte senza permesso e viene esonerato per giusta causa, quanto giusta  è quantomeno opinabile. E siamo arrivati ai giorni nostri e alla nuova sfida, una sfida che solo un Loco poteva accettare senza pensarci e cioè riportare dopo 15 anni nell’anno del centenario della squadra il Leeds in Premier League partendo dalla Championship. Nessun allenatore della sua importanza e del suo calibro avrebbe mai e sottolineo mai accettato, tranne lui : El Loco Bielsa. E in questi pochi mesi, dove la squadra è già lì in lotta per tornare nella massima serie come promesso, l’argentino ha dato ampia dimostrazione del suo essere e dei suoi metodi. C’è stato l’episodio nel quale ha fatto spazzare le strade attorno allo stadio dai giocatori per 3 ore, tempo necessario ad un lavoratore medio di Leeds per acquistare un biglietto per andare a vedere i propri beniamini, per far capire loro i sacrifici che chi li ama deve fare per vederli. E poi il famoso caso della sua spia, beccata a spiare il Derby County agli allenamenti. Lui è così, ammette candidamente di farlo dal 2002 e di ritenerlo un metodo corretto, ma chiede anche scusa a Frank Lampard per aver fatto una cosa che l’ex-Chelsea ritiene illegale. Qui la differenza con gli altri, non si nasconde dietro un dito, quale grande tecnico non lo ha mai fatto? Ma quale tecnico ammetterebbe di averlo fatto? Domanda retorica. Non vediamo l’ora di rivederlo nel calcio che conta, magari con il Leeds o magari in cerca di una nuova affascinante e pazza sfida. Il calcio è pieno di squadre in difficoltà di città che vivono il calcio come un amore loco parte della propria vita, proprio come lui. Per quel che mi riguarda uno dei 4 o 5 allenatori più grandi e importanti della storia del gioco, un innovatore, un’influenza per il modo di pensare e vedere calcio di tantissimi allenatori di oggi, un sognatore e un uomo vero. Uno che è un tutt’uno con i suoi giocatori e i suoi tifosi, uno che considera il percorso per arrivare a vincere più importante della vittoria stessa. La vittoria può arrivare o meno, talvolta vincere è anche frutto di episodi fortunati come i rigori della Libertadores del 1992, ma la programmazione e l’eredità lasciata è indelebile e sarà la strada su cui se si vuole restare protagonisti si dovrà seguire. Tutte le sue squadre sono state protagoniste anche dopo, se non hanno volutamente dilapidato il suo lascito, per invidia e scarsa intelligenza calcistica di chi lo ha sostituito. Sono fatti. Vi lascio sperando di vederlo un giorno allietare con il suo essere unico il nostro campionato e sperando di avervi un poco interessato al mondo di uno dei personaggi più leggendari e romantici del mondo del calcio : Marcelo El Loco Bielsa, uno sempre in tuta a fianco dei suoi pretoriani e dei suoi tifosi.

 

 

 

Pubblicato da Trex

Sono un blogger e scrittore appassionato di musica indipendente americana. Scrivo gialli polizieschi e ho inventato il personaggio del detective texano Cody Myers.

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